La famiglia Bogetti. Piemontese, la resistenza di chi va avanti con passione
Il futuro della razza Piemontese da tempo ormai preoccupa gli operatori del settore, ma se il bandolo della matassa continua ad essere difficile da trovare per via di oggettivi problemi e criticità, segnali di resistenza giungono dal territorio, dove la passione di chi alleva la storica razza bovina del territorio continua ad andare oltre gli ostacoli. È il caso dei Bogetti, allevatori da 5 generazioni, che a Cherasco conducono un’azienda di circa 110 capi, tra fattrici e vitelli all’ingrasso (0/18 mesi).
Terminati gli studi all’istituto Vallauri di Fossano, Davide Bogetti, oggi 30enne, ha messo da parte le conoscenze acquisite nell’ambito della meccanica (la sua seconda passione, dopo gli animali) per dedicarsi all’attività di famiglia: “Fin da piccolo amava andare in stalla e aiutare il papà con i lavori in stalla – confessa Paola, la mamma -, ma non lo abbiamo mai forzato a continuare con l’allevamento”.
La filosofia dell’azienda è tutta nelle parole del giovane allevatore. “Fino al 1992 mio papà Domenico e i miei nonni avevano le frisone per la produzione di latte, dopo la scelta di passare ai bovini da carne puntando in maniera forte sulla selezione e sulla qualità – spiega –. Ci serviamo dell’inseminazione artificiale delle fattrici, ma acquistiamo anche parte dei vitelli sempre dalle stesse stalle, per non variare la genetica e avere una carne il più omogenea possibile”. Aspetto, quest’ultimo, che sovente manca sul mercato finale e penalizza a livello commerciale “l’oro rosso” rispetto ad altre carni che negli anni hanno lavorato molto per presentarsi in modo uniforme.
“L’idea di arrivare a un disciplinare unico per tutti gli allevatori di Piemontese è tuttavia complessa da realizzare – continua Davide Bogetti –; ci sono troppe differenze tra le singole aziende, spesso di dimensioni anche molto piccole e a conduzione familiare”. Di certo, sono proprio le realtà meno strutturate ad essere oggi in difficoltà, alle prese con costi di produzione alle stelle, mancata remunerazione del prodotto e un ricambio generazionale che fatica a compiersi.
Come se ne esce dunque? “Servirebbero nuovi sbocchi di mercato per le Piemontese e si potrebbero valorizzare di più i maschi castrati – interviene papà Domenico Bogetti -, ma oggi manca il prezzo giusto, servirebbero almeno 60 centesimi al chilo in più per coprire i costi. Oggi chi te li dà sul mercato? Nessuno. Decidere è complicato, per cui cerco sempre di dare consigli a mio figlio, ma purtroppo credo che se il mercato non si riprenderà presto il futuro della Piemontese sarà segnato. I problemi sono troppi e vedo poca convinzione e compattezza del comparto per risolverli”.
Davide traccia su un foglio qualche numero per visualizzare meglio le difficoltà. “Un bel vitello di 6 mesi costa circa 1.250 euro e per alimentarlo servono in un anno circa 1.500 euro, a cui ci aggiungono le spese veterinarie. Siamo intorno ai 3.000 euro di spese, che non sono compensate da prezzi di vendita, oggi poco sopra i 4 euro al chilo. Noi abbiamo costruito negli anni una nostra piccola filiera che ci permette di spuntare qualche piccolo riconoscimento nel prezzo finale, ma non basta”.
Un piccolo aiuto arriva dal lavoro fatto dall’associazione Amici della Piemontese per valorizzare le vacche “a fine carriera”: le Madame bianche (4/8 anni) e le Manzotte (2/4 anni) a cui l’allevamento Bogetti aderisce, ma per “restare a galla” serve ancora altro.
“Noi, nel nostro piccolo, resistiamo perché non abbiamo manodopera, abbiamo buona parte dei nostri 40 ettari di terreni di proprietà da cui otteniamo molte delle materie prime necessarie all’allevamento e lavoriamo con piccoli macelli che tendono ancora a riconoscere la qualità dei capi che acquistano – confessa il giovane allevatore –, ma i costi di produzione hanno raggiunto livelli inimmaginabili fino a qualche anno fa. Praticamente è raddoppiato tutto, dai macchinari ai cereali. Ci piacerebbe migliorare alcuni aspetti di lavorazione in allevamento ma ad oggi non ci è permesso farlo, i guadagni si sono praticamente azzerati. Per un po’ magari riesci a lavorare al filo della non redditività, ma per immaginare un futuro è impensabile con queste condizioni”.
Al finale della nostra chiacchierata Davide Bogetti riserva un ultimo appello all’istituzione finita sul banco degli imputati in queste settimane: “Se l’Europa vuole toglierci i sussidi faccia pure, ma in cambio chiediamo un sistema che garantisca quotazioni adeguate al nostro lavoro e ai prodotti che portiamo sulle tavole dei consumatori. È la condizione necessaria per poter continuare ad allevare”, dice guardando negli occhi la compagna Roberta, imprenditrice viticola con cui vorrebbe tentare in futuro la strada della vendita diretta del binomio carne-vino.
Articolo di Paolo Ragazzo. “L’Agricoltore Cuneese”, Febbraio 2024
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