“Apprezziamo l’opera di semplificazione legislativa e normativa che è stata adottata, che ci auguriamo si traduca presto in uno sgravio di burocrazia per il mondo agricolo, ma dal provvedimento ci saremmo aspettati qualcosa in più per lo sviluppo del settore, in particolare per quanto riguarda la valorizzazione delle filiere”.
Così Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte, commenta l’adozione da parte del Consiglio regionale, avvenuta martedì 8 gennaio, della nuova legge sul riordino delle funzioni in materia di agricoltura e sviluppo rurale.
La legge – a parere di Confagricoltura – dedica ampio spazio agli aspetti non propriamente caratteristici del settore primario, seppur degni di considerazione, quali la multifunzionalità, l’agricoltura sociale, l’agriturismo, ma riserva un ruolo pressoché residuale agli interventi che concernono l’attività produttiva tradizionale, che costituisce il fondamento del settore primario piemontese.
Nel testo della nuova legge è inoltre stato introdotto tra le finalità della legge (art. 1) “il recupero, la conservazione, l’uso e la valorizzazione delle risorse genetiche in agricoltura anche evitando inquinamenti da parte di piante geneticamente modificate”, nonché “il mantenimento del divieto di coltivazione di piante geneticamente modificate”. Tale accentuata presa di posizione nei confronti delle coltivazioni ogm – a giudizio di Confagricoltura – non trova giustificazione soprattutto a seguito della recente pubblicazione dell’autorevole studio dell’Università di Pisa che, dopo aver analizzato per vent’anni oltre 10 mila dati sulle colture di mais praticate negli Stati Uniti, Europa, Sud America, Asia, Africa e Australia, ha dimostrato che non c’è alcuna evidenza che il mais ogm sia rischioso per la salute umana, per gli animali e per l’ambiente.
Inoltre, è emerso che le colture di mais transgenico hanno una resa superiore dal 5 al 24 per cento rispetto a quello tradizionale, aiutano a ridurre gli insetti dannosi ai raccolti e hanno percentuali inferiori di contaminanti pericolosi per gli alimenti, quali le micotossine. I risultati di questi studi avrebbero dovuto suggerire una pausa di riflessione sulla questione ogm, in modo da poter assumere decisioni future appropriate e soprattutto non influenzate da posizioni non avvalorate da elementi scientifici.