In valle Grana sale la febbre da ‘oro rosso’. A Caraglio Massimo Morre coltiva zafferano

08.02.2017

Articolo pubblicato sul n.08/2016 de L’Agricoltore Cuneese.

Lo zafferano prodotto nell'azienda di Massimo Morre a Caraglio

Una fase della raccolta manuale dello zafferano nell’azienda di Massimo Morre a Caraglio

Il ricco paniere di tipicità della piccola valle Grana si arricchisce di un bulbo dal fiore tanto elegante nel suo aspetto viola acceso quanto prezioso negli stigmi rosso vivo che ne arricchiscono l’interno: lo zafferano. Una reale possibilità economica che sta conquistando un po’ tutti in questa zona della provincia di Cuneo, rinomata già per numerosi altri prodotti agricoli.
Siamo andati così a scoprire come si coltiva visitando l’azienda di Massimo Morre a Caraglio.

Dal recupero di una tradizione dal sapore antico…

“Ho iniziato un paio di anni di fa insieme a mia sorella Maria Grazia mettendo a dimora 1.500 bulbi – racconta – e abbiamo notato da subito un vivace interesse per lo zafferano coltivato in maniera tradizionale e a regola d’arte te”. Un’attenzione concreta che è figlia di questa terra.
Documenti del 1400 riportano, infatti, come lo zafferano cuneese era coltivato già allora sulle colline del Marchesato di Saluzzo, che comprendeva a quei tempi anche la valle Grana. Nel 1800, poi, sono diversi i testi che definiscono lo zafferano caragliese una coltura “meravigliosa” non ad uso alimentare, bensì come colorante naturale per le tintorie del Biellese o per commercianti lombardi pronti a pagare in oro un grammo della pregiata spezia. Si arriva quindi al 1870 quando alla prima “Esposizione agraria, industriale e artistica della provincia di Cuneo” un cittadino caragliese, Antonio Delpuy, propone proprio lo zafferano.
Ora, dal 2005, grazie alla curiosità e al lavoro di un gruppo di volenterosi cittadini caragliesi la coltura è tornata a far parlare di sé.

…Ad investimenti concreti

“Ci abbiamo creduto anche noi e abbiamo così affiancato lo zafferano alla coltivazione dell’aglio bianco e dell’aglio storico di Caraglio di cui siamo ormai assidui produttori – riprende Morre -. Riuscendo ad ottimizzare le strutture e i macchinari già presenti in azienda, quest’anno ho deciso di piantare 25mila nuovi bulbi in un appezzamento di 2mila metri quadrati. È stato un investimento importante, ma credo fortemente che potrà dare presto i suoi frutti, con una produzione attesa
di circa 2 etti e mezzo”. Se può sembrare poco, occorre considerare che per fare un grammo di zafferano occorrono circa 180 fiori.

Massimo Morre, in fase di conversione al biologico, ha interrato i bulbi di Crocus Sativus a inizio agosto e fino a ottobre l’unica impegnativa operazione è stata quella di liberare (a mano) il terreno dalle piante infestanti. Ma da metà ottobre, con i primi freddi, la raccolta (anche questa rigorosamente manuale) è entrata nel vivo. “Una volta raccolti i fiori in campo, entro la sera dello stesso giorno li apro, prendo gli stigmi e li faccio seccare con un essiccatore per un’ora e mezza circa – spiega l’imprenditore caragliese -. Il prodotto è pronto così per essere confezionato in piccoli barattoli di vetro, che contengono la dose di zafferano per un risotto per 4 persone”. Ma come viene venduto? “Noi, per il momento, lo proponiamo abbinato all’aglio nell’ambito di sagre e fiere sul territorio, ma c’è una richiesta sempre crescente anche da parte di negozi, ristoratori e grossisti”.

A sinistra: il tecnico di Confagricoltura Cuneo Fabrizio Bima con l'imprenditore Massimo Morre. A destra: un vasetto di Söfran di Caraglio

A sinistra: il tecnico di Confagricoltura Cuneo Fabrizio Bima con l’imprenditore Massimo Morre. A destra: un vasetto di Söfran di Caraglio

In Valle Grana è ‘zafferano mania’

Una delle cartine di tornasole certamente più indicative dell’interesse nei confronti della zafferano è il numero di soci aderenti al Consorzio di promozione, tutela e valorizzazione del ‘Söfran-Zafferano di Caraglio e della Valle Grana’, nato nel 2015, che in poco più di un anno e mezzo è passato dai 6 fondatori agli oltre 40 aderenti attuali. Segno di un positivo ‘contagio’ che si è allargato all’intera valle. Lo sviluppo è testimoniato anche dal numero di bulbi che dieci anni fa era di appena 100 piante, diventate 10mila a fine 2014, 32mila nel 2015 e adesso può contare su più di 100mila bulbi coltivati in piccoli e medi appezzamenti.

Il ‘sogno’ di presentarsi uniti

“Provengo da un’altra professione e, anche a causa della crisi, sto cercando nuove opportunità di riscatto nel settore agricolo – confessa Massimo Morre -. Credo molto nel recupero, prima,
e nello sviluppo, poi, delle tradizioni del territorio, proprio come stiamo facendo qui con aglio e zafferano. La gente apprezza produzioni particolari e di qualità. Ciò che purtroppo ancora blocca anche l’agricoltura italiana è la massiccia presenza di burocrazia che ci fa spendere tempo prezioso dietro ad adempimenti e nella compilazione di moduli e carte”.
Morre ha ancora tante idee allo studio e, soprattutto, un ‘sogno proibito’: “Ho già in mente alcuni preparati a base di zafferano che intendo realizzare e testare in collaborazione con l’azienda
Ostal di Valgrana, ma allargando lo sguardo mi piacerebbe che le molte eccellenze della valle, scoperte e valorizzate grazie all’intraprendenza di tante persone, potessero presentarsi insieme per promuovere un modo nuovo di fare economia e di valorizzare una valle intera”.
Una proposta non nuova, ma sempre attuale nell’Italia dei mille campanili.

 

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