L’embargo della Russia ha messo in ginocchio l’agricoltura italiana, lo confermano i dati elaborati dal Centro Studi di Confagricoltura. Il divieto di importazione in Russia, attivato ad agosto del 2014 e rinnovato successivamente fino al 2016, ha colpito pesantemente l’Italia in un periodo storico in cui il trend del valore dell’export agroalimentare del nostro paese verso la Russia (bevande escluse) era in crescita.
“È un danno su più livelli – commenta Alberto Giordano, presidente sezione Ortofrutticola di Confagricoltura Cuneo -, nell’immediato per la mancata vendita, ma anche nel lungo periodo. Oggi per approvvigionarsi il mercato russo si sta orientando verso altri stati con cui già intrattiene rapporti commerciali, quindi, quando e se la situazione dovesse tornare alla normalità, troveremo sul mercato una maggiore concorrenza sul mercato e non è detto che si possa tornare alla situazione di prima”.
Sul futuro incerto concorda anche il presidente provinciale della sezione Lattiero casearia, Giampiero Degiovanni: “I danni sono evidenti e di portata considerevole, anche in prospettiva, dovessero togliere l’embargo non so se i produttori russi torneranno a fornirsi da noi o continueranno a guardare altrove, perché quando si perde un mercato riacquistarlo non è facile”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Roberto Barge, presidente della sezione Suinicola di Confagricoltura Cuneo: “Da prima dell’embargo si è perso l’88,4% di export di carni e frattaglie italiane nei confronti della Russia. Tutto questo dopo anni di sacrifici e investimento per entrare in un mercato promettente. Ritornarci sarà molto complicato”
I numeri dello studio di Confagricoltura, infatti, parlano chiaro: nel 2013, ultimo anno prima dell’embargo, il giro di affari si assestava sui 485 milioni di euro, ma già dopo i primi 12 mesi (agosto 2014-luglio 2015) il valore è sceso di quasi il 40% (295 milioni di euro). I valori si sono praticamente dimezzati: rispetto al totale delle esportazioni agroalimentari, si è passati da un 1,9% di incidenza dell’export verso la Russia nel 2013 a uno 0,9% stimato per il 2015. Tra i tanti settori pesantemente colpiti dalla normativa, a subire le maggiori flessioni dei valori esportati in Russia sono stati ortaggi (-98,9%), frutta (-94,5%), latte e derivati (92,5%)
A essere penalizzati però non sono stati solo i prodotti agroalimentari vietati, anche quelli permessi hanno subito flessioni pari allo 0,6%, causa probabilmente dell’evoluzione della crisi economica russa, ma anche della crescita dell’imitazione di specialità italiane da parte di produttori russi.
I dati più recenti (gennaio-ottobre 2015) indicano per l’Italia un ridimensionamento medio generale del 50% e un allarmante -67% per le categorie di prodotti soggetti all’embargo. Il risultato? La crescita delle esportazioni italiane verso la Russia, che fra il 2009 e il 2013 avevano segnato un ottimo +119% si è interrotta e l’Italia rischia di vedere ridurre sempre di più il valore delle proprie esportazioni, già inferiore a quelle di molti fra i principali paesi dell’Unione Europea.