Un lettore di “Terra e Vita” si chiede che fine abbia fatto l’agricoltura ad Expo 2015

09.10.2015

Riportiamo di seguito la lettera di Giuseppe Fugaro intitolato: “Expo 2015, dov’è l’agricoltura?” pubblicata sull’edizione di Terra e Vita del 26 settembre 2015 a pag. 4. 

Ho letto l’editoriale “Mai dire Maya” e vorrei fare alcune considerazioni un po’ amare a proposito di Expo. Passeggiando per il Decumano ed entrando nei vari padiglioni, tutti di grande levatura architettonica, si è percepita l’agricoltura solo come una molteplice e variegata presentazione di specialità gastronomiche e strutture agricole modello, relegando a qualche filmato, magari in bianco e nero, spezzoni di agricoltura dei più lontani e sperduti paesi. I “siparietti” allestiti
da tutti i paesi e soprattutto dall’Italia, hanno evidenziato la biodiversità dei cibi, le produzioni di qualità che in Europa appartengono alla denominazioni geografiche protette e altre belle cose tipiche però di una fiera e soprattutto di questa che è la Mostra Internazionale mondiale.
La grande assente è stata proprio l’agricoltura, evidenziando la grande frattura fra coloro che vivono e lavorano in campagna e coloro che lavorano e vivono in città. Non si tratta solo di sterili recriminazioni da parte degli agricoltori tenuti fuori dal salotto buono di Expo 2015 perché con le mani sporche e ammessi, una volta ripuliti, solo a fare coreografia, ma di semplici constatazioni che spingono ad affermare che l’agricoltore ha sempre il cervello “fino” più di tanti altri e non si lascia abbagliare dalle apparenze. Ebbene, nei primi giorni di settembre 2015, con il successo di Expo ormai acclarato, gli agricoltori di tutta Europa sono andati a protestare a Bruxelles. Analoga manifestazione si è svolta a Parigi e in Italia al Brennero contro l’arrivo di prodotti che con un passaggio di frontiera divengono italiani. Perché gli agricoltori hanno preferito andare al Brennero, affrontando come al solito sacrifici e avversità, quando la loro protesta avrebbe avuto risonanza mondiale sul grande palcoscenico di Milano? Soprattutto se fosse stata presentata non come una mera operazione campanilistica e protezionistica, ma un efficace segnale di tutela delle biodiversità (a qualsiasi latitudine) e soprattutto dei redditi. Nemmeno questa volta gli agricoltori hanno utilizzato questo grande palcoscenico per far sentire la loro voce che non è una protesta, ma semplicemente una richiesta accorata di aiuto. La frattura fra agricoltura reale e agricoltura dei convegni, delle tavole rotonde imbandite e non, sta proprio nel fatto che l’agricoltura reale è soffocata dalla burocrazia, dalla volatilità dei mercati, dalla difficoltà di ristrutturare le aziende e investire. Per sfamare il mondo non bastano i pochi esempi di giovani che fanno agricoltura bio, aprono un agriturismo e producono nicchie, servono anche aziende strutturalmente adeguate, investimenti in modo per produrre quantità, qualità e affrontare competitivamente il mercato. Insomma Expo 2015, centrato sull’alimentazione, non è servito a illuminare le coscienze per meglio comprendere il vero problema dell’agricoltura e degli agricoltori che, solo in Italia, hanno lasciato l’attività agricola per il 9,2% tra il 2010 e il 2014. A testimonianza delle loro difficoltà.

terra e vita

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