Riportiamo di seguito l’articolo intitolato: “Francia, così è fallito il prezzo politico dei suini” scritto da Giuseppe Fugaro e pubblicato sull’edizione di Terra e Vita del 5 settembre 2015 a pag. 15.
Francia, così è fallito il prezzo politico dei suini
Fallimento totale dell’accordo di filiera francese che fissava un prezzo minimo dei suini per garantire gli allevatori. Aveva scatenato non pochi entusiasmi anche in Italia per una possibile sua applicazione nel nostro Paese: ha invece fruito di una svendita a prezzi stracciati di suini francesi, ormai maturi, rimasti invenduti nel mercato francese. L’operazione era stata favorita dal governo francese per rispondere alla grave crisi del mercato suinicolo con prezzi di acquisto del suino vivo che non coprono neppure le spese per cui è intervenuto il Governo favorendo un accordo di filiera che avrebbe dovuto far contenti allevatori e macelli.
Tutto si basava sulla fissazione di un prezzo minimo che garantiva gli allevatori per coprire le spese e ottenere una giusta remunerazione per la loro attività e i macelli acquirenti per non pagare prezzi elevati, ma gli rifiutati di acquistare i suini al prezzo “politico”.
Era stato stabilito un prezzo fisso per la carne di maiale per un periodo di sei mesi pari a 1,4 €/kg da luglio 2015, concordato con la filiera, la media del costo di produzione. L’accordo vedeva coinvolti il gruppo di produttori di suini Syproporcs e il macello industriale Herta che fa capo a Nestlé. Sviluppato con un ricercatore della Scuola di economia “Agrocampus” di Rennes, il prezzo fissato dal contratto sarebbe dovuto essere valido per ciascun produttore per il volume di fornitura determinata e per un determinato periodo, a prescindere dal compratore. Di conseguenza, quando il prezzo di mercato dei suini si trova al di sotto del prezzo pattuito nel contratto, Herta versa agli agricoltori la differenza, anche se non è l’acquirente. Al contrario, se il prezzo rilevato sul mercato è superiore a quello stabilito nel contratto swap, gli agricoltori trasferiscono l’importo del risarcimento a Herta.
Chi ha rotto l’accordo
Ma a far saltare l’accordo sono stati i due maggiori acquirenti che al Marché du porc breton (MPB) a Plérin, in Bretagna, acquistano il 30% dei suini francesi offerti sul mercato. Infatti, hanno disertato il mercato e non hanno fatto alcun acquisto lasciando invenduti nelle mani degli allevatori circa 16mila suini mentre solo 50mila hanno trovato acquirenti bel al di sotto del prezzo politico che l’accordo di filiera voleva garantire.
Le due società che hanno rotto l’accordo e cioè i due principali trasformatori francesi, Bigard-Socopa e aziende Cooperl, sostengono che non possono essere competitivi acquistando a 1,40 €/kg, quando la carne di maiale tedesco si vende per 1,18 €/kg e 1,23 €/kg. Una differenza di prezzo di oltre il 14% che incide sui costi della successiva trasformazione in maniera decisiva.
Gdo, stop alle promozioni
Il Governo francese non è nuovo a decisioni sui prezzi: già a giugno 2015 aveva stabilito per legge di limitare fortemente le offerte a prezzi stracciati di carne suina nei supermercati per garantire, sempre, agli allevatori e agli altri soggetti della filiera di non lavorare in perdita. Secondo il decreto del Governo francese infatti le promozioni sui prezzi sono limitate a due mesi all’anno, prestabiliti in calendario: gennaio e settembre. Il decreto prevede che «al di fuori dei periodi di inizio anno e di fine estate, non potranno più essere realizzate operazioni promozionali che evidenzino prezzi inferiori a 50% del prezzo medio fuori promozione del mese precedente».