La filiera zootecnica vale in Italia 30 miliardi di euro l’anno e occupa circa 400 mila addetti. Il Piemonte rappresenta il 15% del patrimonio zootecnico nazionale e la provincia di Cuneo fa la parte da leone con oltre il 65% dei capi allevati in regione. Questi sono solo alcuni numeri emersi dal convegno “La carne non è debole”, organizzato venerdì 10 luglio da Confagricoltura Cuneo in collaborazione con la Camera di Commercio Cuneo nella cornice de ‘La Storta Resort’ a Genola.
“Nei prossimi 50 anni la domanda mondiale di proteine animali aumenterà – ha dichiarato Oreste Massimino, presidente di Confagricoltura Cuneo che ha preso la parola dopo il saluto del presidente camerale Ferruccio Dardanello –, ma si stanno diffondendo nei confronti del loro consumo preoccupazioni per ambiente e benessere animale. Di questi sentimenti ne stanno approfittando organizzazioni della ‘società civile’ che mettono in luce negativa il settore. Si moltiplicano, inoltre, i casi di trasmissioni radio e tv che gridano allo scandalo, con motivazioni puramente ideologiche e prive di fondamento scientifico. Così si rischia di criminalizzare un intero settore partendo da casi rarissimi. Chi alleva in modo scorretto, oltre ad agire contro la legge, è un nostro concorrente sleale”.
Gli ha fatto eco il direttore di Confagricoltura Cuneo Roberto Abellonio che, dopo aver fornito i numeri del comparto zootecnico cuneese, ha sottolineato: “Diciamo basta a certe campagne mediatiche diffamatorie e non obiettive sulla carne. Siamo per la libertà di pensiero e rispettiamo le idee di tutti, ma non siamo disposti a tollerare estremismi e fondamentalismi dannosi per la nostra economia. Crediamo, infatti, nelle potenzialità della zootecnia cuneese, che sta vivendo una fase di trasformazione, con un ricambio generazionale più forte che negli altri comparti agricoli”.
I lavori, ben coordinati dal giornalista Federico Novella di Mattino 5, sono proseguiti poi con gli interventi di Luca Piretta, specialista in Scienze della Nutrizione Umana all’Università La Sapienza di Roma, che ha sottolineato il fondamentale apporto di proteine, vitamina B12 e ferro dato dalla carne ed ha invitato a diffidare delle mode, preferendo un vero processo di educazione alimentare, lento e graduale, ma necessario. Luca Varetto, dottore agronomo dell’Università degli Studi di Torino, invece, ha sottolineato come la produzione di proteine di origine animale non abbia impatti ambientali superiori a quelle vegetali ed ha invitato il pubblico a riflettere come sarebbe il mondo senza allevamenti. Gianfranco Corgiat, direttore struttura ‘Prevenzione e Veterinaria’ Regione Piemonte, ha chiuso la prima parte dei lavori facendo il punto sui controlli piemontesi e su come possano essere semplificati e pianificati in maniera più integrata, ma restino comunque necessari.
La seconda parte della mattinata ha visto protagonista le filiere della carne cuneese con gli interventi di: Sergio Capaldo (cooperativa La Granda di Genola), Bartolomeo Bovetti (Compral Carne), Luigi Bianchessi (La Novella di Pianfei) e Aldo Barale (Ora Agricola di Cherasco). Dalle loro esperienze sono emerse non solo le difficoltà che la carne sta attraversando in questo momento (prezzi poco remunerativi, calo dei consumi, ripercussioni dell’embargo russo su prodotti suini e lattiero caseari e fiscalità eccessiva), ma altresì i valori aggiunti delle carni ‘Made in Cuneo’, ossia: un territorio eccezionale, i miglioramenti della genetica (specie per i bovini di razza Piemontese) e pratiche allevatoriali all’avanguardia. È stata infine messa in luce la tendenza in Italia “a ricercare lo chef”, mentre poca attenzione viene posta sul prodotto, che necessariamente deve differenziarsi e avere la giusta identità per essere in grado di distinguersi.