Cascina Rabaglio di Barbaresco: radici e ali per volare nel cuore dell’Unesco

01.04.2022

imprenditori

A Barbaresco Cascina Rabaglio produce vini che parlano di famiglia e nocciole.
di Paolo Ragazzo

Vini sinceri che parlano di storia e famiglia, ma anche di sogni e innovazione. Sono quelli che nascono dai vigneti di “Cascina Rabaglio” a Barbaresco, condotta da Filippo e Daniela Rigo, fratello e sorella, e da Andrea Salatin, marito di lei.

Una storia che oggi guarda con entusiasmo ad un futuro ricco di progetti ma che deve molto alle sue radici.

“È il 2005 quando nostro nonno Battista decide di lasciarci in eredità la sua vigna a Santa Rosalia, alle porte di Alba, insieme a un appezzamento di nocciole – racconta Daniela -. Per noi è stato come se ci avesse tramandato una tradizione, un pezzo di lui. Abbiamo così iniziato a coltivare i due terreni e a venderne i frutti. Poi nel 2012 la scelta di vinificare parte delle uve Nebbiolo da parte di mio fratello, fresco dei suoi studi alla scuola Enologica, e nel 2018 la lavorazione dell’intero raccolto”.

Vino

Più organizzazione

Per i tre imprenditori si è trattato di una vera e propria ripartenza, andata di pari passo con alcune loro scelte personali.

A partire da quella di Daniela, che spiega: “In precedenza lavoravo in un’azienda edile come geometra, poi ho avuto la seconda dei miei tre figli e ho deciso di cambiare vita. Ho iniziato ad entrare sempre più dentro l’azienda agricola, occupandomi dell’amministrazione, e non ne sono più uscita. La prova che stavo facendo la scelta giusta l’ho avuta nel 2015, quando sono andata per la prima volta al Vinitaly e mi si è aperto un mondo. Era il settore in cui volevo lavorare”.

L’ingresso di Daniela in azienda è coinciso con una maggior organizzazione dell’intera struttura, con una divisione di ruoli e compiti: a lei la parte amministrativa, la gestione degli ordini e dei clienti e la promozione, al fratello Filippo la vinificazione e al marito Andrea la gestione agronomica dei tredici ettari, tra vigneti (5) e noccioleti (8).

Fino ad allora la cantina rischiava di diventare un hobby costoso. “Producevamo Barbaresco, Nebbiolo e Dolcetto, ma i conti faticavano a tornare – confessa Daniela -. Abbiamo così deciso di investire su di noi per specializzarci e valorizzare al meglio le potenzialità trasmesseci dai nostri avi”.

E i risultati non hanno tardato ad arrivare. In tre anni le bottiglie sono raddoppiate arrivando a superare le 12mila unità, di cui quasi la metà a Barbarescotre mila di Dolcetto e la restante parte a Nebbiolo d’AlbaBarbera d’AlbaArneis e Riesling. Con incrementi costanti, anno dopo anno.

“Ci siamo concentrati molto sulla nostra identità, a partire dal nostro logo che rappresenta l’unione tra passato, presente e futuro (un gufo), e sulla creazione di una rete di contatti in grado di apprezzare il nostro lavoro”, continua Daniela.

Ecco allora che insieme ai primi riconoscimenti (come quelli ottenuti al Merano Wine Festival) è cresciuta la rete dei clienti, arrivando a contare molte enoteche e ristoranti selezionati del Nord Italia e importatori in UsaGiapponeAustraliaSvezia e Olanda.

Nocciole

Etichette che raccontano una storia

“Di lavoro da fare ce n’è ancora molto: vogliamo aumentare la produzione, potenziare la presenza negli Stati Uniti e coprire il Nord Europa – prosegue Daniela -, ma tutto ciò senza perdere la nostra identità, che è quella di un’azienda familiare interessata a raccontare la sua storia attraverso i propri vini”.

E la dimostrazione tangibile di questo è scritta nero su bianco sul retro delle etichette dei vini di cascina Rabaglio.

Una su tutte, quella del Nebbiolo d’Alba Superiore che recita: “Nasce nella ‘Vigna’ del nonno Batista, quella che c’è sempre stata, quella con accanto le prugne e le ciliegie che da piccoli coglievamo, quella con i pali di legno, quella delle vendemmie con mia madre, quella dei ricordi estivi di vacanze in campagna, quella che resiste oltre il tempo come un segno di ringraziamento per aver continuato!”.

Poesia che non si ferma qui e che si sviluppa anche sulle 600 bottiglie “limited edition” che l’azienda dedica ogni anno ai protagonisti della propria storia familiare (nel 2022 le donne).

In questo racconto, le nocciole rappresentano un’appendice meno evidente, ma interessante.

In parte vengono tostate e vendute ai visitatori che giungono a scoprire la cantina e la maggior parte viene conferita da sgusciare. “Sia sul fronte della cantina che su quello della lavorazione delle nocciole i progetti sono tantissimi e non vediamo l’ora di metterli in atto”, conclude Daniela senza svelare le prossime pagine di una storia molto bella ancora tutta da scrivere.

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