Passione e tanti investimenti per allevare al meglio la Piemontese
Articolo di Paolo Ragazzo
Alle porte della città di Cuneo, in frazione Spinetta, dal 1964 cascina Santa Maria è “casa” della Piemontese. A condurla c’è la famiglia Gastaldi composta da: Michele, la moglie Margherita e i due figli Marco e Claudio, che da generazioni tramandano la passione per l’allevamento della pregiata razza bovina. Una storia, appunto, che comincia da lontano: “Mio papà faceva il malgaro – racconta con orgoglio Michele, Aratro d’Oro di Confagricoltura Cuneo nel 2018 – poi abbiamo deciso di fermarci, pur andando ancora per parecchi anni in alpeggio, a Casterino nella valle delle Meraviglie. Ora mandiamo ancora qualche capo in montagna ma dal 1992 siamo prevalentemente qua dove alleviamo tutto l’anno 220-230 animali. Vendiamo vitelli di razza Piemontese da sempre. Abbiamo anche provato ad allevare qualche capo di Valdostana ma per poco tempo e senza grandi risultati”.
E l’azienda cuneese ha in Marco e Claudio le sue due garanzie per il futuro. “Il primo aveva solo 6 anni e già andava a bagnare i campi con il papà, mentre il secondo a 12 anni amava da matti andare con lui sul trattore, tanta era la voglia di guidarlo un giorno” confida la mamma. Così crescendo, dopo la scuola dell’obbligo, si sono fermati in azienda e hanno diversificato, per così dire, i loro impieghi: Marco si occupa di tutte le pratiche amministrative e Claudio dei lavori in campo, mentre entrambi aiutano papà Michele nella cura degli animali.
“I vitelli nascono tutti dalle nostre manze, i tori li vendiamo a 5/6 mesi di vita, così come le femmine, tenendo solo quelle per la rimonta – dice Marco -. Il momento attuale purtroppo non è positivo per il comparto ed è complicato andare avanti a queste condizioni. Noi coltiviamo direttamente fieno, granoturco e orzo per alimentare i nostri animali, ma sono moltissimi gli altri costi di produzione da sostenere in un allevamento e i cui prezzi sono alle stelle da molti mesi ormai. Per le attrezzature agricole, ad esempio, in pochi anni i prezzi sono raddoppiati”. Ciò che complica ulteriormente il quadro è la mancanza di corrispondenza dei prezzi di vendita dei capi al macello (come illustrato nelle precedenti pagine del giornale, ndr).
“Stiamo pagando anche da questo punto di vista la crisi economica innescata dalla pandemia – aggiunge Claudio – le famiglie vedono la loro capacità di spesa ridursi e quindi orientano i consumi verso prodotti in offerta, ma quasi sempre si tratta di carne che arriva dall’estero e di qualità inferiore rispetto alla nostra. C’è poi tutta la questione, non secondaria, della variazione dei consumi, ora sempre più orientati verso tagli veloci da cucinare a discapito di pezzi come il bollito o l’arrosto. Così si fatica a vendere tutto l’animale”.
Quindi come se ne esce? “Cercando nuovi mercati e andando a intercettare nuovi consumi proponendo alternative di prodotto”, dice Michele Gastaldi. Anche perché un allevamento come quello di Spinetta negli anni ha investito non poco nell’ammodernamento delle strutture per renderle sempre più funzionali e rispondenti al mercato, ma necessita di un’adeguata remunerazione. Se è del 1981 l’acquisto della struttura originaria, infatti, è negli anni 90 che l’azienda ha visto aumentare la propria dimensione grazie alla realizzazione, nel 1991 e nel 1997, di due altre stalle dove gli animali vengono allevati all’aperto tutto l’anno. Un ulteriore capannone è stato realizzato nel 2003, mentre una grande struttura utilizzata come ricovero fieno e attrezzatura risale ad appena sei anni fa.
È operativa da anni una fossa per i liquami, mentre la superficie dei tetti è ricoperta da pannelli fotovoltaici che garantiscono ampiamente l’autosufficienza energetica dell’azienda e, anzi, ne integrano il reddito. In tutto l’azienda conduce circa 180 giornate piemontesi di terreni, di cui 35 di proprietà e la restante parte in affitto. L’allevamento è come una “giostra” dove tutto si rinnova in un continuo ripetersi di operazioni costanti e ben definite. “La giornata in allevamento comincia intorno alle 6,30 / 7 del mattino – spiegano i fratelli Gastaldi -, anche se ovviamente dipende dai giorni e soprattutto dai parti.
Gli animali mangiano due volte al giorno (unifeed, erba fresca e fieno a seconda delle stagioni dell’anno). La vacca gravida sta all’aperto fino al 7°-8° mese, poi la portiamo nella stalla dove una volta che ha partorito viene trasferita insieme al vitello in un box. Passano poi in un’altra struttura con altre 3/4 vacche e i loro vitelli e dopo un mese, tornano nei recinti all’aperto dove i piccoli finiscono lo svezzamento per poi essere separati, maschi da una parte e femmine dall’altra”. E si riparte nel ciclo di allevamento per avere sempre capi a “regola d’arte”… come vuole la tradizione della Piemontese, che mette la qualità al primo posto.