Articolo e fotografie pubblicati su L’Agricoltore Cuneese n. 09/2019 – di Paolo Ragazzo
È nella profonda campagna della provincia di Cuneo che affonda le sue radici la razza bovina Piemontese.
Ed è qui che al duro lavoro degli allevatori fatto di sacrifici, sveglie all’alba e ferie “comprate già fatte”, si affianca una passione viscerale, ingrediente fondamentale per garantire il presente e il futuro del comparto. Esempio virtuoso in questo quadro è l’azienda di Bruno Spada a San Bernardo di Cervasca, che da metà anni ’60 si è a poco a poco specializzata, fino a diventare l’attuale realtà imprenditoriale con oltre 70 capi. “I miei genitori si sono trasferiti qui nel 1967 ed hanno iniziato allevando una decina di vacche Piemontesi – racconta Bruno, 45 anni, da una trentina coadiuvante e ora conduttore dell’azienda di famiglia –, poi il passaggio alle Frisone e al settore latte, abbandonato nel 2009 per ritornare agli inizi…alla Piemontese”.
Questo percorso è avvenuto in un’epoca non così facile per il settore, che anche in questa area della provincia di Cuneo ha visto, anno dopo anno, ridimensionarsi il numero degli allevamenti. Costretti a decidere tra ampliarsi per restare sul mercato o abbandonare, in molti hanno dovuto loro malgrado chiudere i battenti, erodendo così parte del bagaglio di conoscenze che il settore ha acquisito di generazione in generazione.
Non è quanto successo all’azienda della famiglia Spada, che forte della passione del suo “alfiere” Bruno ha aumentato il numero di animali e ingrandito l’allevamento, passo dopo passo.
Investimenti oculati e tanta passione “Mio papà Bartolomeo e mia mamma Teresa mi hanno insegnato l’amore per questo mestiere – continua l’imprenditore agricolo – e ora che sono anziani proseguo l’attività che è cresciuta progressivamente grazie ad investimenti oculati. La piccola stalla originaria è ancora oggi funzionante, ma nell’1989 abbiamo realizzato un primo sviluppo e nel 2006 le ultime due strutture che oggi compongono l’allevamento. Stalle tradizionali in cui i piccoli vitelli vengono lasciati da subito con le loro mamme fino allo svezzamento”.
Il ciclo di allevamento comincia con la fecondazione artificiale delle manze ed incontra subito la sua fase più delicata: il parto. È qui, infatti, che l’allevatore deve prestare la massima attenzione, perché ne va del suo capitale primario. Una volta nati, i vitelli vanno seguiti con estrema attenzione per ancora una settimana, dopo di che vengono messi con le vacche in spazi comuni, dove restano per circa 6 mesi. Raggiunti i 200 chili, sono infine pronti per essere venduti a privati o commercianti della zona, che li inseriscono rispettivamente nelle loro linee di ingrasso o li vendono a loro volta. “Io mi fermo ai cosiddetti ‘mangiarin’ – spiega Bruno – oltre non riesco ad andare, perché sono rimasto solo nella conduzione dell’azienda e la fase dell’ingrasso necessiterebbe di spazi nuovi e, soprattutto, di manodopera in grado di aiutarmi, ma al momento non è pensabile”.
Men che meno proprio ora che gli allevatori del comparto della Piemontese soffrono, dopo anni di stabilità, una flessione dei prezzi di vendita ai macelli, che si ripercuote anche sulla prima fase dell’attività. I motivi secondo Bruno sono i più vari, ma “sul mercato c’è troppo prodotto straniero e il consumatore spesso orienta la sua scelta in base al prezzo, specie nelle grandi città”, riflette.
Ad impegnare molto l’imprenditore agricolo di Cervasca non c’è solo l’allevamento, ma anche la conduzione di oltre 120 giornate di terreni da cui vengono raccolti grano, mais ed erba utilizzati in buona parte per alimentare gli animali dell’azienda. “Lavoro da mattina a sera, ogni giorno, senza grosse pause durante l’anno, ma con il mio vicino di casa c’è un buon rapporto e ci aiutiamo a vicenda quando uno dei due deve sostituire l’altro un giorno ogni tanto o una domenica – conclude Bruno Spada –. Faccio questa vita da trent’anni e non mi pesa affatto”.
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