Nella patria del vino Dogliani si prospetta un futuro “frizzante” per la Cascina Monsignore, poco dopo Vicoforte

17.10.2020

cascina monsignore

Articolo e fotografie pubblicati su L’Agricoltore Cuneese n. 08/2019 – di Paolo Ragazzo

Ordinati filari di dolcetto, pinot nero e chardonnay sembrano ergersi a simbolica difesa della storia secolare di Cascina Monsignore, posta su una collina poco distante dall’abitato di Vicoforte e dalla sua celebre cupola.

Un’area che alcune mappe medioevali del XVI secolo indicavano come “regione della vite”, ideale soprattutto per i vitigni Dolcetto e Moscato e che Pierfranco Blengini e la moglie Maria Teresa Ballauri fin dal 1974 hanno scelto come luogo in cui trascorrere la loro vita, dando altresì continuità all’attività viticola condotta qui fin dal 1750.

“Questa casa venne costruita dal vescovo di Mondovì Michele Casati, su progetto dell’architetto sabaudo De Robilant, per farne la sua residenza estiva con annessa cantina per la produzione del vino per la Curia Vescovile i documenti dell’epoca dimostrano che il prodotto era molto apprezzato al punto che per ben tre volte i vescovi successivi continuarono l’opera del loro predecessore ampliando ed abbellendo in modo sempre più sontuoso l’intero edificio. La mia famiglia acquista questa proprietà nel 1919, grazie all’intraprendenza di mio nonno Pietro che la sviluppa e la fa crescere di dimensioni. Negli anni 50 arriva infatti a contare circa cinquanta giornate di vigneti Dolcetto e Moscato”.

cascina monsignore (3)

Progressivamente però, anche a causa dell’industrializzazione che spopola le campagne, Cascina Monsignore si trova costretta con Giuseppe, figlio di Pietro, ad affiancare alle vigne l’allevamento di bovini di razza Piemontese, più remunerativo. La produzione di uve diminuisce drasticamente, ma i vigneti migliori con tenacia rimangono. A metà anni ‘70 Pierfranco, nipote di Pietro, e la moglie Maria Teresa, insieme alla famiglia Garelli di Pamparato che dà loro una mano nella gestione della cascina, proseguono l’attività dell’azienda.

Espiantare l’ultima vigna e investire?

Fino al 1996 quando una domanda si pone inevitabile: cosa fare del mezzo ettaro di vigna rimasta? Espiantarlo o tornare ad investire nel settore vitivinicolo?
La seconda opzione è quella che convince e affascina di più. Maria Teresa passa alla guida dell’azienda e in pochi anni nuovi vigneti, riportano all’originale destinazione cascina Monsignore. Dai loro grappoli nasce Dolcetto delle Langhe Monregalesi Doc, in duplice versione “Podere del Monsignore” e “Vigna del Vescovo”. Il prodotto piace, tanto che già due anni dopo il numero di bottiglie prodotte sale a 10mila.

“I risultati sono stati da subito interessanti – racconta Maria Teresa Ballauri – e quando nel 2011 la Doc Langhe Monregalesi viene accorpata nella nuova Docg Dogliani, noi passiamo a vinificare il Dogliani rivedendo il design grafico delle nostre due etichette. Non cambia sostanzialmente nulla per noi a livello di conduzione aziendale fino al 2014 quando mio figlio Giuseppe, di professione architetto a Milano, si avvicina in modo convinto e appassionato al settore, pronto a credere nell’azienda di famiglia”.

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È una svolta importante per Cascina Monsignore, una tappa che ne segna il presente e ne condizionerà il futuro. Giuseppe incentiva, infatti, accurate analisi dei terreni e approfonditi studi da cui emerge che, considerati anche i 600 metri di altitudine a cui è posta l’azienda, può valere la pena provare a diversificare le produzione con vitigni a bacche bianche. Vengono impiantati nuovi filari di Riesling, di incrocio Manzoni e soprattutto di Chardonnay e Pinot nero per la vinificazione dello spumante Alta Langa.

Gli ettari coltivati salgono così a 5. “Nel 2017 abbiamo fatto la prima vendemmia di queste uve – dichiarano soddisfatti Pierfranco e Maria Teresa –, ma l’attesa è tutta rivolta a fine 2020, quando potremo finalmente stappare il nostro primo Alta Langa (8mila bottiglie, ndr), nato dopo una lavorazione molto lunga e curata, che non fa che accrescere l’aspettativa nostra e dei tanti professionisti che ci stanno seguendo e consigliando in questo percorso”.

Una porzione di territorio monregalese riportata all’antico splendore e un’azienda proiettata verso nuovi orizzonti… ma come sarà la Cascina Monsignore di domani? “Quando siamo partiti non avevamo pensato alla possibilità di fare dei vini bianchi, ma si stanno rivelando un’evoluzione interessante. Di certo, però, nel nostro futuro ci sarà sempre un posto centrale per il Dogliani, prodotto che rappresenta le nostre radici e va valorizzato come merita”.


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