“Siamo ancora nel pieno della tempesta, pur essendo consapevoli delle caratteristiche uniche e delle potenzialità dell’offerta degli agriturismi. Un vero porto sicuro. Il nuovo trend, dettato dalle regole per una ripartenza, è proprio la riscoperta di luoghi che permettano di godere di spazi aperti, di un rapporto autentico con la natura e le campagne italiane. Le nostre strutture accolgono in modo spontaneo ed accurato, aiutano a far conoscere la cultura enogastronomica locale e permettono di praticare il distanziamento sociale passeggiando, nuotando in piscina, praticando sport o, semplicemente rilassandosi”. Commenta così Augusto Congionti, presidente di Agriturist, i dati dell’indagine svolta dall’associazione di Confagricoltura.
Lungo lo Stivale l’offerta dei 24.000 agriturismi è estremamente variegata ma con un denominatore comune: l’ospitalità in un’azienda agricola. Dalla montagna alla collina, dal mare ai laghi l’effetto della crisi è evidente: niente americani e orientali, pochissimi dal Regno Unito, timorosi di dover effettuare la quarantena al loro ritorno. Qualche segnale arriva da Germania, Francia, Austria, Svizzera e Olanda. “La ripresa è lenta – sottolinea Congionti – e partirà soprattutto in agosto. Va anche calcolato che è stata la politica del last minute a caratterizzare le prenotazioni degli ultimi anni e, se in alcune zone i casali con piscina, scelti da famiglie o gruppi di amici sono andati a ruba, in altre è ancora l’incertezza a dettare le regole”.
L’agriturismo, vanto del nostro Paese, ha pagato l’effetto Covid più di un milione di euro. “Non ci arrendiamo, anzi. Ci siamo rimboccati le maniche – conclude il presidente Agriturist – convinti che si possa ancora una volta ripartire proprio dall’agricoltura. Le nostre strutture hanno tutte le carte in regola per offrire soggiorni indimenticabili in luoghi incontaminati, lontani dalla folla, dove le distanze sono naturali, il cibo è buono e genuino. Senza rinunciare al comfort e alla vita moderna, si potranno così riscoprire sapori e saperi della cultura rurale italiana”.
Per quanto riguarda il Piemonte, le prospettive con la cosiddetta fase 3, non sono migliorate. La situazione è a macchia di leopardo: vi sono strutture che hanno preferito rimanere chiuse fino a settembre o all’anno prossimo. Le prenotazioni di italiani e di stranieri sono salvate dalla clientela storica, che ben conosce realtà e tradizione delle strutture, o da chi preferisce il contatto con la natura, rispetto alle strutture ricettive tradizionali. Si ipotizza, per la sola ristorazione, una riduzione di circa il 50% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Per le attività collaterali, fattorie didattiche in primis, si stanno pianificando iniziative per settembre.
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